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mercoledì 1 settembre 2010

La felicità va piantata in Cielo

Ieri ero felice di essere felice. E oggi mantengo quello stato d'animo, sia pure più tranquillamente poiché l'euforia di un successo si diluisce nel tempo. E sono sempre entusiasta (dal greco en theos, cioè "in Dio") per la consapevolezza forte di avere stavolta toccato qualcosa di ben diverso da altre sensazioni simili che mi tornano in mente, quando però la mia felicità era piantata in terra invece che in cielo e dunque legata alle vicissitudini di chi o ciò che originava in me quella felicità.
È da quasi venticinque anni che la cercavo. Era da un paio di giorni che sentivo di essere vicino e girarci attorno, di avere finalmente trovato direzione, strada, modo giusti. Così ieri ho persino pianto di gioia quando è scesa su di me. Piangevo anche una settimana fa, ma di dolore, per la paura di vedere fuggir via un amore... una vecchia ferita che si riapriva. Ripercorrevo i soliti passi. Poi una bella catena di coincidenze mi ha portato in mano un libro dove è ribadito un piccolo grande consiglio che mi dette sette anni fa, o giù di lì, la persone che forse stimo di più nella mia cerchia di conoscenze: "Fai la meditazione del cuore, la risposta a tutto quello che cerchi è lì nel tuo cuore." E allora in questi ultimi giorni mi ci sono messo d'impegno, prima di addormentarmi, mentre guidavo, nelle pause di lavoro... dapprima questo mi rasserenava, e già non era poco, poi hanno iniziato ad affacciarsi sprazzi di Luce, finché ieri pomeriggio gli sprazzi si sono fatti sempre meno discontinui e qualcosa è scattato sul serio. Un salto di consapevolezza. Fatto sta che mi sono ritrovato in una condizione di lucida beatitudine che avevo già sperimentato una volta per Grazia ricevuta (l'ho raccontato qui) e una quindicina d'anni dopo al termine di un impegnativo ritiro di meditazione di 10 giorni, con regola del silenzio e semi-digiuno. Ci potrebbero essere tanti modi di descrivere, quello che ho trovato: incontro col divino, esperienza mistica, pace interiore, apertura del chakra del cuore ecc. Ero già arrivato alla comprensione che non vale la pena di lamentarsi se le cose non vanno come vorremmo. È da almeno quindici anni, per fare un esempio banale, che nel traffico non mi arrabbio con altri automobilisti né mi lascio coinvolgere dalla loro rabbia. Ora so, perché l'ho sperimentato profondamente, che se mi lascio andare a pensieri e sentimenti di paura, sconforto, inadeguatezza, chiudo proprio quella finestra interiore che affaccia direttamente su quella “felicità”. Ora la domanda è: quanto resterò saldo in questa comprensione? Stamattina prima di entrare al lavoro ho fatto un salto alla Porziuncola di Assisi. Il frate nel sermone citava la lettera di S. Paolo di cui ho parlato in un paio di occasioni (ecco il link) e ha aggiunto di suo che - vista la nostra natura di uomini invidiosi, egoisti, arroganti, prepotenti ecc. - dobbiamo sforzarci di essere meno egoisti, meno arroganti, meno prepotenti ecc. Strano consiglio, sarebbe come esortare un ladro a rubare di meno o un tossicodipendente a drogarsi di meno. Il punto è che se veramente abbiamo capito interiormente, non solo razionalmente, che essere in un certo modo o fare qualcosa ci fa stare male, allora il nostro sforzo non può essere diretto a farci meno male ma direttamente a non farci male. Forse falliremo parzialmente, mi sta bene, ma puntando al massimo otterremo sempre più che puntando al minimo. In altre parole, se mi accorgo di avere la mano sul fuoco, non la tiro un pochino indietro per bruciarmela di meno, l'allontano immediatamente e basta! Questo è un po' il salto che ieri sento di avere fatto. Anche se mi rendo conto che nel momento in cui provo a descriverlo, riesco a trasmettere solo un pochino quello che ho capito e per nulla quello che ho sperimentato in tutto il mio essere. La differenza non è da poco. Bene, probabilmente io stesso, se leggessi una "testimonianza" come questa, arriccerei il naso e penserei che l'autore è ubriaco di sé, si illude, è megalomane, o che ha semplicemente perso qualche rotella. E chiaramente già attorno a me, spuntano tante piccole "mine" per incrinare questa felicità: un intoppo sul lavoro, la battutina di un amico, la malattia di una persona cara e così via. Però, siccome questa volta è diverso, l'ho sperimentato cioè in modo molto più profondo che in ogni altra occasione, credo che riuscirò a restare centrato. È una scommessa che sento di potere fare. Non mi vedo come una “torre di ego” che si erge a resistere agli attacchi degli assedianti. Piuttosto come un'anima che accoglie i marosi che si riversano su di lei, compenetrandosi con quelle onde e le loro emozioni. E continuo a ricordare che c'è tutto un grande Oceano al di là di quello che vedo. E posso ricordarlo perché l'ho sentito. P.S. Col cuore vorrei che la persona che, inaspettatamente, mi ha spinto verso tutto ciò, fosse la prima a raccoglierne i frutti, magari per tutta la vita e che (oppure che) lei stessa sperimenti presto quanto mi è successo. Però questo è fuori dalla mia giurisdizione: sia fatta la volontà di Dio.

2 : commenti:

daffodils ha detto...

Buon viaggio nella vita! :0)

Daniele Passerini ha detto...

Grazie. Speriamo che le curve son finite!!! ;)))

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